Le Pene Del Babbo, Parte 1

[ Mg9, inc, 1st, dau, pedo, exhib ]

pennadoca.birichina@live.com

Published: 24-Apr-2013

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Disclaimer
This work is Copyrighted to the author. All people and events in this story are entirely fictitious.

Questa storia è completamente inventata. Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale e la trattazione degli eventi è palesemente immaginaria, anche se alcune scene potrebbero sembrare verosimili. L'autore non condona in alcun modo le molestie su minori e crede fermamente che esse vadano punite dalla legge nella maniera più severa.

Successe una mattina di maggio, mentre facevano colazione. Marco, 39 anni, vedovo di fresco, osservava sua figlia Giorgia, di 9 anni, mentre affondava il cucchiaio nella tazza di cereali e ne ripescava alcuni per portarli alla bocca. La carnagione pallida e le lentiggini appena accennate, la bocca rosea e le labbra carnose, le braccia esili, che parevano a stento sostenere il cucchiaio, avevano fatto venire in mente a Marco dei pensieri strani. "Che angioletto", pensò Marco, guardandola fissa. I capelli le incorniciavano il viso dandole un'aura luminosa, spirituale, quasi fosse, appunto, una creatura ultraterrena ed eterea.

"Papà, perché mi guardi?", chiese ingenuamente la bambina, accennando un sorriso lieve. Da quando sua madre era morta, Giorgia non aveva dato segni di quello che gli psicologi chiamano "esaurimento post-traumatico". Non aveva, insomma, ancora metabolizzato la sparizione della madre e, poiché era avvenuto tutto in pochissimo tempo (il cancro l'aveva portata via in pochi mesi), la bambina si comportava in maniera consueta, non sembrava depressa, ma la sua mente tendeva a considerare la morte come una sorta di strana vacanza, che prima o poi sarebbe terminata.

"Niente, tesoro, guardavo quant'è bella la mia bimba adorata", rispose Marco allargando la bocca in un sorriso. Ed era vero. Adorava la sua figlioletta, gli si allargava il cuore. Una bimbetta così buona e gentile, premurosa fino quasi all'inverosimile. Con lei, non c'era bisogno di ripetere le cose due volte. Era dolce e ubbidiente, con i suoi occhi da cerbiattina, marroni chiari, color della nocciola, così puri che non sembravano neanche veri.

Giorgia sorrise e continuò a mangiare i cereali. Poi, si alzò e, come sempre, si avvicinò all'acquaio per lavare la ciotola. Doveva sollevarsi in punta di piedi per compiere l'operazione, perché ancora era troppo bassa. Talvolta, riusciva ad aprire il rubinetto dell'acqua, ma non a richiuderlo, perché la manopola ruotava nella direzione opposta e non riusciva più a raggiungerla. "Papà... mi aiuti?", chiedeva allora aggrottando la fronte per lo sforzo. Marco di solito richiudeva la manopola senza neanche pensarci, con un gesto meccanico. Quella mattina, però, abbassò lo sguardo verso Giorgia e si mise a osservare la sua canottiera. Trovandosi in una posizione di vantaggio (era alto 1,82), riusciva a vedere bene dentro la canottiera, fino al petto nudo di Giorgia che, a 9 anni, ancora non presentava segni di tettine, ma soltanto due rigonfiamenti sulla cui sommità riposavano due capezzolini minuscoli. "Ecco fatto, amore. Vedrai che quando crescerai, non mi dovrai più chiedere aiuto!", disse Marco, scacciando temporaneamente quei pensieri così strani di cui non riusciva neanche a comprendere la provenienza.

"Io mi preparo per la scuola", disse Giorgia mentre si accingeva a sgattaiolare fuori dalla cucina e a correre su per le scale.

"Dammi un bacino!", esclamò Marco, fingendosi contrariato dalla mancanza di attenzione. Giorgia, riluttante, tornò sui suoi passi e sollevò sulle punte per baciare la guancia che il babbo le porgeva chinandosi. All'ultimo secondo, poco prima che Giorgia appoggiasse le labbra sulla guancia, Marco si voltò di scatto e le labbra della bambina toccarono quelle dell'adulto. Fu un lampo, una scarica elettrica per Marco che si sentì avvampare e invece di ritrarsi, arricciò ancor più le labbra, cercando di godere di quell'attimo fuggente. Giorgia, stupita, si allontanò e diventò tutta rossa in viso.

"Che schifooo!", disse ridendo e pulendosi la bocca con la mano. "Mi hai baciato sulla bocca!" e rideva forte, come fosse uno degli scherzi più divertenti che avesse mai provato. Marco, rosso anch'egli, rovesciò la testa all'indietro e rise forte, portandosi la mano alla bocca per fingere stupore, come se non fosse stato lui l'artefice del bacio rubato.

"Ora siamo fidanzati!", esclamò Marco, continuando a ridere. Giorgia fece una smorfia e corse in camera sua. Marco la guardò salire le scale, il suo corpo magro e agile come una quello di una piccola gazzella e immaginò di toccare le sue gambe secche, i suoi polpacci minuti. Poi, scosse la testa e guardò l'orologio. Era ora di andare a lavoro.

Marco era consulente presso un'azienda di computer grafica e i suoi orari lavorativi erano molto flessibili. A volte, lavorava di mattina e tornava a casa per l'ora di pranzo, mangiava un boccone mentre Giorgia era ancora a scuola e poi si metteva a lavorare al computer fino alle 4 del pomeriggio. Faceva un salto in palestra e poi tornava a casa per cena. Nel frattempo, Giorgia tornava da scuola intorno alle 14.30 e si faceva dare le chiavi di casa dalla vicina che le custodiva per lei se il papà non c'era. Altrimenti, Marco apriva la porta, riscaldava il pranzo alla figlia in fretta domandandole com'era andata la scuola e cos'avevano fatto con la maestra, poi tornava ai suoi lavori, mentre Giorgia si preparava a fare i compiti. Due volte a settimana, Giorgia andava da un'amica a fare i compiti, soprattutto se il babbo non era in casa e poi, nel secondo pomeriggio, la madre della sua amica la riaccompagnava a casa dove Marco tornava per cena. Questa era la routine settimanale. Durante il weekend, i programmi variavano e, a seconda del tempo, Marco e Giorgia uscivano o andavano al cinema, al parco giochi, o semplicemente a passeggio. Conducevano una vita alquanto solitaria (non avevano molti amici e i parenti erano lontani) e comunque amavano starsene per conto loro.

Quel pomeriggio, Marco rientrò a casa verso le 14.00 e si mise davanti al computer. Controllò la posta elettronica e si accorse di un messaggio proveniente da un mittente sconosciuto, un uomo, che lo aveva contattato tramite il social network per fotografi amatoriali a cui Marco era iscritto. In allegato al messaggio c'era una fotografia che ritraeva un uomo sulla quarantina, alto, brizzolato, con degli occhiali scuri, che abbracciava una ragazzina di non più di 12 anni, probabilmente sua figlia, che indossava un paio di pantaloncini gialli molto corti e una magliettina bianca a maniche corte. La foto era stata scattata in una località di villeggiatura balneare. Sia l'uomo che la ragazzina sorridevano felici. Il messaggio dell'uomo che si firmava "PaoloB" diceva:

"Salve, ho notato il tuo contatto su PhotoPeople.com e volevo complimentarmi per le belle foto del tuo profilo. Davvero notevoli. Il colore, l'esposizione, i soggetti, davvero splendidi. Mi piacerebbe condividere impressioni e suggerimenti. Meravigliose anche le foto della tua famiglia. In allegato troverai una fotografia mia e di mia figlia, Giada. Anche a me piace dilettarmi con lo strumento fotografico, specialmente d'estate, quando non lavoro. In quella foto siamo in Croazia. Grazie mille e saluti, Paolo."

Marco trovò poi il contatto Skype di Paolo e lo aggiunse ai suoi. Poi, sentì suonare alla porta e andò ad aprire a Giorgia. Mentre riscaldava il pollo con le patate, chiese alla figlia com'era andata a scuola e lei gli rispose che la sua amica Irene aveva sbattuto contro la porta della classe e si era fatta male a un piede, così la maestra aveva chiamato a casa e la madre era stata costretta a recuperarla. Poi, avevano fatto ginnastica e, siccome era caldo, avevano sudato.

"Se hai sudato, devi farti una doccia", le disse Marco. Giorgia sbuffò e promise che l'avrebbe fatta più tardi.

Tornato al computer, Marco si accorse di un messaggio non letto su Skype, così aprì la finestra. Era PaoloB che lo salutava con un "ciao!" e Marco vide che era ancora in linea. Rispose al saluto e aggiunse "Ho ricevuto la tua foto, davvero bella, complimenti!". Paolo rispose subito:

Paolo: "Grazie! Mi sono piaciute anche le tue. Sono tua moglie e tua figlia quelle?"

Marco: "Sì. Mia moglie però è morta due mesi fa."

PaoloB: "Mi dispiace moltissimo."

Marco: "È stato un brutto colpo. Giorgia, mia figlia, sembra che non se ne sia ancora accorta."

PaoloB: "Quanti anni ha?"

Marco: "Nove. Spero che prima o poi reagisca in qualche maniera"

PaoloB: "Certo, per queste cose bisogna avere pazienza. In ogni caso, somiglia molto a tua moglie."

Marco: "Ha gli stessi occhi e anche il fisico. Mia moglie era molto magra"

PaoloB: "Devo dire che, se mi permetti, era molto attraente."

Marco: "Be', grazie. Anche Giorgia lo è, a modo suo"

Una frazione di secondo dopo aver premuto il tasto "invio", Marco si chiese "ma cosa diavolo ho scritto? Penserà che sono un pervertito! Ho appena definito "attraente" una bambina di nove anni" e restò col fiato sospeso in attesa della risposta di PaoloB. Sullo schermo apparve la scritta "Paolo B sta scrivendo..." per alcuni secondi, poi scomparve, e poi comparve di nuovo, come a indicare un cambiamento di pensiero. Poi, il commento: "Be', non volevo dirlo certo io, avresti pensato male, ma credo anch'io che sia attraente" e poi aggiunse uno smile con l'occhiolino. Fu quello smile a far intuire a Marco che, forse, aveva trovato più di un semplice appassionato di fotografia come lui. Poi, la discussione continuò:

Marco: "Ahahah! Be', grazie, sono fiero di essere suo padre. Poi, in costume da bagno è una vera bomba!" (Chissà se coglierà l'ironia)

PaoloB: "Lo credo! Anche la mia Giada in costume fa una gran figura"

Marco: "Quanti anni ha lei?"

PaoloB: "Ne ha 12 appena compiuti."

Marco: "Che bell'età. Nessun pensiero e tutto divertimento."

PaoloB: "Già. Anche noi siamo soli, la mia ex moglie sta con un altro e si è trasferita in Canada. E io sono single e felice"

Marco: "Sarai felice, allora. Ti godi la vita familiare in tranquillità."

PaoloB: "Be', tanto più che... Diciamo che abbiamo uno stile di vita particolare ;)"

Marco: "In che senso?"

PaoloB: "Non farti strane idee, però... Siamo nudisti."

Stavolta fu Marco a trattenere il respiro e a esitare nella risposta. Fin da piccolo, non aveva mai mostrato segni di grande coraggio quando si trattava di spogliarsi in pubblico. Anche ora, negli spogliatoi della palestra, non si trovava a suo agio, a differenza di molti altri che passeggiavano verso le docce con il cazzo all'aria. Una delle ragioni principali di questa sua timidezza era la l'abnorme dimensione del suo pene, che aveva sempre considerato come una sorta di deformazione, un vero e proprio handicap fisico. Quando sua moglie lo vide per la prima volta, restò stupefatta e quasi incredula, dichiarando onestamente di non aver mai visto un "batacchio" del genere. Peloso come quello di un orso, il cazzo di Marco era lungo e tozzo, con una cappella a forma di fungo ben scoperta (anche se non era circonciso). Da flaccido era già enorme, e le palle ciondolavano pesanti come quelle di un toro. Per evitare gli sguardi dei curiosi in palestra, adoperava sempre una grande cura nel coprirsi. Lo stile di vita nudista, poi, era certamente qualcosa che non aveva mai contemplato in vita sua.

Marco: "Nudisti significa che state sempre nudi?"

PaoloB: ":) E be', esattamente, in casa e in vacanza scegliamo sempre campeggi che non impongano limitazioni di costume"

Marco: "Io non l'ho mai fatto in vita mia, ma non penso che sia qualcosa di adatto a me..."

PaoloB: "Io credo che chiunque possa farlo. Per noi è stato un procedimento naturale. È cominciato qualche anno fa, quando ci hanno consigliato questo posto in Croazia. Una meraviglia."

Marco: "E tua figlia non ha problemi?"

PaoloB: "Non direi proprio, è lei la prima a spogliarsi, dice che i vestiti sono inutili :)"

Marco: "Be', deve essere certamente liberatorio."

PaoloB: "Lo è. Chi non ha provato, non sa cosa si perde. La maggior parte del tempo lo pratichiamo da soli in casa, ma a volte ci raggiungono anche degli amici che abbiamo conosciuto in villeggiatura e organizziamo dei piccoli party."

Marco: "Addirittura! (cercando di suonare il meno scioccato possibile) È una filosofia la vostra"

PaoloB: "Bravo! Io cerco di fare del mio meglio nel promuoverla e nel convincere sempre più gente a diventare naturista."

Marco: "Con me non ci riusciresti :)"

PaoloB: "Mai dire mai. Aspetta, se non ti imbarazzi troppo, potrei farti vedere un paio di foto. Tranquillo, sono ritratti di vita quotidiana, niente di scandaloso."

Marco: "Uhm... Perché no? Non c'è problema..."

Un file comparve sulla linea della conversazione. Marco cliccò sul tasto "apri file" e comparve l'immagine di Paolo in piedi, di fronte al bancone di cucina, che preparava da mangiare completamente nudo. Era girato di schiena, quindi si vedevano due chiappe sode e due cosce muscolose totalmente glabre, e sul volto aveva stampato un sorriso largo, rivolto verso il fotografo.

Marco: "Ahaha! Lo chef nudo! Te l'ha fatta tua figlia?"

PaoloB: "Esatto! Stavo preparando la cena, era un'occasione speciale. Giada aveva vinto una gara di matematica a scuola."

Marco: "Accidenti, hai due cosce enormi. Fai sport?"

PaoloB: "Sì, faccio spinning e vado in palestra."

Marco: "Anche io, ma non riesco a sviluppare le gambe così."

PaoloB: "Se vuoi, ti do qualche consiglio. Aspetta, te ne mando un'altra."

Altra immagine. Click. La fotografia stavolta era un autoscatto di Paolo e Giada, che sedevano al tavolo azzannando un crostino con lo sguardo puntato verso l'obiettivo. Quello che colpì l'attenzione di Marco furono naturalmente i piccoli seni di Giada, due minuscole montagnole delle dimensioni di due albicocche, con capezzoli enormi, gonfi quasi al punto di sembrare eretti. La vista di quei seni innocenti e tuttavia così provocanti lo fece imbizzarrire e nelle mutande sentì un fremito. Pensò che non fosse il caso di produrre commenti sulle tette di una ragazzina di 12 anni, così si limitò a un semplice: "Avevate fame!" accompagnato da un occhiolino. Paolo non rispose al commento di Marco e spedì un'altra fotografia. Questa mostrava Giada in piedi, piegata in avanti con in mano un bicchiere di quella che poteva sembrare birra, il viso contorto in una smorfia di pura euforia, mentre aveva una mano tesa davanti l'obiettivo come a dire "non scattare!". L'occhio di Marco si fissò subito sulla fichetta senza peli della ragazzina. Non si vedeva bene, perché l'angolazione non era frontale, però si intravedeva uno spacchetto netto e due labbra ben proporzionate. Marco ebbe la netta sensazione che il colore delle labbra della fichetta di Giada fosse diverso rispetto alla sua carnagione olivastra, gli sembravano più scure, come se fossero arrossate. Questa foto aumentò l'eccitazione di Marco che, ora, dovette scostare il cazzo nelle mutande che si stava facendo sempre più gonfio.

PaoloB: "Ci stavamo divertendo. Avevamo anche alzato il gomito ;)"

Marco: "Permetti a tua figlia di bere birra?"

PaoloB: "Non sempre! Ma a volte sì, un bicchiere di tanto in tanto non fa poi così male."

Marco: "Sì, sono d'accordo. Belle le foto, complimenti."

PaoloB: "Be', grazie, per noi è naturale, sai. Non ci facciamo più neanche caso."

Marco: "Si vede, siete a vostro agio. Ma, posso chiederti una cosa? Ti depili le gambe o è una mia impressione?"

PaoloB: ":) No, no, hai ragione. Le depilo. In realtà, mi depilo del tutto, dal collo in giù. Per noi nudisti è normale anche questo. Giada non ha ancora peli ma quando le cresceranno inizierà a rasarsi anche lei. Ecco, guarda."

Paolo spedì un'altra fotografia. Questa veniva da un momento differente, la luce era diversa e anche l'ambiente, che poteva essere il salotto, con un tappeto centrale, un mobile TV, sedie e un tavolo di legno antico. Si trattava di un altro autoscatto che mostrava Paolo e Giada sempre nudi sul divano a guardare la TV. Si abbracciavano amorevolmente, in apparenza senza alcuna malizia, ma i genitali erano ben esposti all'obiettivo della macchina fotografica. Paolo aveva ragione, entrambi erano totalmente glabri, ma il contrasto fra i due aveva qualcosa di osceno per Marco che notava la differenza fra il cazzone di lui e la patatina di lei. Mentre Giada aveva una deliziosa fichetta senza peli, rosata all'esterno e più rossa all'interno, vellutata e paffutella, Paolo aveva un tubo largo, appoggiato sul divano fra le cosce erculee, e sul pube si era lasciato un piccolo ciuffo di peli neri, disegnato con cura.

Marco: "Haha! Vedo che te lo sei acconciato per bene!"

PaoloB: "Eh già! A volte mi piace cambiare, anche se è più pratico rasare tutto e buonanotte."

Marco: "In confronto, io sembro un orso! Non mi sono mai neanche accorciato i peli."

PaoloB: "Non è difficile, basta un po' di crema e un rasoio. Poi, dipende dai gusti, certo. E quando fai sesso in coppia fissa bisogna prendersi cura di sé ;)" (con chi scopava questo qui? Non aveva detto di essere single?)

Marco: "Uno di questi giorni magari ci provo. Ma lo fai da solo o ti aiuta tua figlia? ;)" (ma che sto dicendo?)

PaoloB: "Diciamo che le piace guardare mentre lo faccio ;)"

A questo punto tutto era chiaro. Questi due se la intendevano proprio bene, pensò Marco, e non penso che il loro rapporto si limiti a quello classico fra padre e figlia. Ma si chiedeva fino a che punto fossero arrivati. Il dubbio lo incuriosiva, ma ne comprendeva anche la pericolosità. Fu in quel momento che Giorgia chiamò Marco dal bagno. Aveva finito di lavarsi e ora le serviva l'aiuto del babbo. Così salutò PaoloB:

Marco: "Mi ha fatto piacere parlare con te, spero di rifarlo in futuro. Devo andare, mia figlia mi chiama"

PaoloB: "Uno di questi giorni dovremmo fare una vidoeconferenza"

Marco: "Certo! Così ci conosciamo meglio. Vado, grazie per le foto, ciao."

Dopo la conversazione con Paolo, Marco aveva la testa piena di pensieri. Era davvero possibile instaurare una relazione sessuale con la propria figlia? Vederla nuda, accarezzarla, trovare soddisfazione e appagamento fra le sue gambette? Era confuso, non riusciva a capire se quelle sensazioni fossero dovute all'eccitazione del momento oppure alla prolungata astinenza -ormai erano quasi due mesi che non faceva sesso. Per di più, qualcosa di inspiegabile si era definitivamente smosso in lui, già dalla mattina, quando aveva notato per la prima volta il corpicino di Giorgia, la sua piccola bimba adorata.

Aprì la porta del bagno e trovò Giorgia seduta sulla tazza del gabinetto, avvolta da un asciugamano come un baco, con i capelli sgocciolanti.

"Non ci sono più gli asciugamani, papà!" disse con tono di lamentela, come solo i bambini sanno fare. Marco la guardò. I piedini rosa erano umidi spuntavano da sotto l'asciugamano e penzolavano dalla tazza.

"Ma così muori di freddo! Aspetta", disse Marco mentre apriva l'armadietto e recuperava dallo scaffale più alto un grande asciugamano di spugna. Iniziò ad asciugarle i capelli.

"Rizzati in piedi, amore, così il babbo non ce la fa", le disse. Giorgia si sollevò e mentre il padre le asciugava i capelli il grande telo con cui Giorgia si era coperta cadde e la bambina rimase temporaneamente nuda.

"Aaahh! Papà! Mi è caduto l'asciugamano!", strillò Giorgia cercando di accucciarsi per riprenderlo.

"Sta' calma", le disse Marco, "ci penso io."

Marco si chinò e fu in quel momento che capì di essere perduto per sempre. Il corpicino di Giorgia era dritto davanti a sé, a un centimetro dal suo naso. Riusciva a sentire l'odore di bagnoschiuma alla fragola che aveva comprato (delicato, per bambini) sulla sua pelle. La pelle chiara, diafana e delicatissima, sotto la quale si intravedevano in alcune zone (sulle coscette, sulle tettine inesistenti) delle sottili vene blu. Le pareva una bambola di porcellana, tanto era liscia e minuta. Giorgia era bassina e Marco, inginocchiandosi, si trovava all'altezza dei suoi capezzolini, che sbucavano come due minuscoli lamponi e sarebbero stati, probabilmente, altrettanto dolci se assaggiati.

La cosa più bella, più sublime di tutte era la sua fichetta. Piccola, senza peli, un bocciolo delicato, completamente chiusa, con due labbrine microscopiche, talmente piccole da sembrare quelle di una neonata. Un capolavoro di perfezione, pensò Marco, così innocente eppure così invitante, nascondeva un buchino invisibile, che dormiva ancora un sonno segna sogni, immaturo ma pur sempre il buchino di una femminuccia, una verginella. Gli venne l'irrefrenabile voglia di stringerle fra le dita quella fichettina, di pizzicarle le labbruccie per sentire se fossero vere o finte, saggiarne la consistenza. Ma si contenne e rimise l'asciugamano addosso a Giorgia, balbettando: "Ecco fatto, amore... Pericolo passato". Giorgia ridacchiò, ignara dei pensieri che avevano sfiorato la testa del babbo.

"Ora devo vestirmi, vado in cameretta", disse e fuggì.

Rimasto solo in bagno, Marco si accorse che aveva il cuore che gli batteva all'impazzata nel petto. Era eccitato come non lo era dai tempi in cui faceva ancora sesso con sua moglie. Il sangue che gli scorreva ad alta velocità nelle vene gli aveva anche riempito il cazzo che pulsava nei pantaloni. L'unica soluzione per calmarsi era farsi una sega e pensò che Internet fosse il modo migliore. Così, si diresse di nuovo verso lo studio e si sedette alla poltrona, davanti al pc. Si collegò al suo sito porno preferito e estrasse il cazzo dai pantaloni, iniziando a menarselo lentamente.

Di solito, non si masturbava se c'era sua figlia in casa, era troppo pericoloso. Giorgia era una specie di gatto, si muoveva agile e non si faceva sentire. Ma stavolta il desiderio era impellente, esagerato, come non lo era mai stato. Mentre guardava il video di una bionda con delle tette enormi che affondava la bocca su un cazzo nero gigantesco e a stento riusciva a metterselo tutto dentro, ripensava al corpicino della piccola Giorgia, ai fianchi stretti, alle sue coscette delicate, tutte da accarezzare...

"Papà? Che fai?" Marco sobbalzò sulla sedia e, automaticamente, si tirò su i calzoni con un un gesto secco. Tuttavia, fu talmente rapido che la pelle del cazzo gli restò impigliata nei jeans facendogli un male cane. "Cazzo!" urlò, piegandosi su se stesso, anche per coprire eventuali rigonfiamenti che la piccola avrebbe potuto notare.

"Ti sei fatto male, papà!", urlò la poverina che era entrata in studio soltanto perché aveva fame e voleva che Marco le preparasse la cioccolata calda.

"No! No! Scusa, è colpa mia!", urlò disperata raggiungendo la scrivania e abbracciando Marco che, nel frattempo, si stava ricomponendo e la guardava sorridendo.

"Sta' tranquilla, amore mio, non è niente. Non è niente, davvero." le disse per tranquillizzarla, anche perché vedeva che gli occhi della piccina si inumidivano.

"Il babbo è stato maldestro. Non è colpa tua, tesoro," le disse guardandola negli occhi ma tenendo ancora le mani ferme sul bacino e sui pantaloni. Ma Giorgia stava ormai piangendo e i lacrimoni le solcavano il viso fino ad arrivarle a metà guancia.

"Però... però...", singhiozzava fra le lacrime la piccola che a un certo punto abbassò lo sguardo per vedere la fonte del dolore e il danno causato credendo, forse, di trovarvi le tracce della propria colpevolezza. L'unica cosa che notò fu che Marco si copriva con le mani un gonfiore sospetto in mezzo alle gambe. Allarmato, Marco decise di prendere il toro per le corna.

"Amore, non mi hai fatto niente. È solo che il babbo non se l'aspettava, perché... Insomma..." come poteva dire alla sua figlioletta innocente che si stava facendo una sega? In quel momento realizzò che nella foga di coprirsi si era completamente dimenticato del video che ancora andava a pieno ritmo (fortuna che l'audio era stato tolto), sebbene fosse in una finestra laterale e non a schermo intero. Marco posò gli occhi sul monitor e il cuore gli cessò di battere per un istante. Poi, con rapidità, decise di abbandonare la posizione di guardia e di allungare le mani verso la tastiera per spegnere il video. Del resto, non riusciva a decidere se fosse peggio mostrare un porno hard a una bambina di nove anni o sbatterle in faccia il cazzo duro. Così, tolse le mani dai pantaloni e spense il video cliccando sulla "x" in alto a destra. Giorgia, però, non prestò attenzione alla sua mossa, perché il suo sguardo era rivolto verso il basso, dove il cazzo di Marco, ormai libero, faceva capolino.

"Papà, ti sei fatto male... lì", disse timidamente.

Giorgia osservava la cappella di Marco che protrudeva dai pantaloni slacciati. Era ancora gonfia e lucida, e la bambina la guardava con curiosità e preoccupazione, perché pensava di essere lei la causa di quella tumescenza.

"Ti ho fatto male... È tutto gonfio...", disse con gli occhi ancora lucidi. Nonostante la situazione imbarazzante, Marco sorrise per l'innocenza della bambina e dichiarò che lei non aveva nulla a che fare con quello, ma non seppe aggiungere altro per il momento. Restò in silenzio a guardare il volto angelico di Giorgia. Gli occhi lucidi, le guance rosse e la bocca distorta in una smorfia, contratta per cercare di contenere ulteriori frignate, le dita intrecciate. Nella sua mente si affollavano pensieri contrastanti e si combatteva una lotta inibitoria per tenere a freno le sue pulsioni. La bimba, ignara del pericolo, continuava a esprimere i suoi pensieri "Quello è il tuo pipo..." disse mordendosi le labbra. Marco balbettò "Sì tesoro... Il babbo stava... ehm... controllando una cosa".

"Che cosa?", chiese Giorgia.

"Niente... Volevo vedere se era tutto a posto, sai... Ogni tanto bisogna controllare..." si rendeva conto che le parole gli uscivano con difficoltà, sia per la bocca impastata dall'assenza di saliva, sia perché non era stato mai un bravo bugiardo.

"Che cos'hai?" chiese preoccupata la bambina, a quel punto ancora di più, per via dei ricordi della madre che affioravano alla sua mente e all'angoscia associata alla scoperta di una possibile malattia. Marco identificò la fonte dell'allarme di sua figlia e capì di aver commesso un errore. Non avrebbe dovuto dire così, ora penserà di avere il babbo malato.

"No, amore mio, niente, sta' tranquilla." E poi gli vene un'idea folle, ma necessaria. Per rassicurarla, decise che c'era un unico modo.

"Ecco, guarda, non c'è niente". Sollevò la cappella, spingendola da sotto, in modo che Giorgia potesse vederla e constatare che non c'era nulla di anomalo. La bambina aggrottò le ciglia, come quando ci si concentra a fondo per qualcosa che non si comprende appieno, e piegò la testa di lato.

Poi disse: "E dietro?". Non riusciva a vedere la parte posteriore, ovviamente schiacciata fra peli e la pancia. Marco, cosciente ormai di essere sulla soglia del non ritorno, decise di giocare il tutto per tutto. Se avesse rifiutato di mostrarsi, avrebbe insospettito la bambina o, ancora peggio, l'avrebbe fatta piangere e preoccupare per nulla. Così, con un sospiro profondo, si calò le mutande e liberò il cazzo che svettava ora fra le cosce pelose, duro come un obelisco di marmo. Giorgia spalancò gli occhi alla vista di quel tubo di carne enorme per una bimba di nove anni. Il primo cazzo della sua vita, il cazzo del suo babbo.

"Vedi amore, non c'è niente di strano." Disse Marco cercando di suonare più normale possibile. Mentre sorrideva, i lati della bocca gli tremavano per l'emozione, ma Giorgia non era interessata alla sua bocca. Guardava fissa il cazzo duro che, peraltro, non accennava a dare segni di afflosciamento. Sembrava come se tutta quell'attenzione lo avesse risvegliato da un profondo letargo e, in effetti, Marco non ricordava di essere così duro da... Be', non se lo ricordava.

"È grandissimo..." disse la bambina con una vocina fioca e gli occhioni da cerbiatta. Marco ebbe l'impressione che nelle dolci e pure iridi di Giorgia guizzasse per un secondo un lampo di eccitazione. Prese il cazzo fra le dita e lo scappellò per bene davanti alla sua bambina.

"Vedi piccolina, anche qui tutto bene." Rimase così, in questa posizione oscena, con il cazzo tutto scappellato davanti allo sguardo fisso della piccola.

"Sì" disse soltanto la bimba che si stava calmando e non aveva più l'espressione preoccupata di prima, ma un'aria tranquilla, allegra perfino.

Poi aggiunse una cosa, una frase pronunciata in fretta che colse Marco di sorpresa: "Ora controlla me", esclamò la piccina. Non fece in tempo a dirlo che si era già calata i pantaloncini della tuta e le mutandine, restando con la fichetta nuda davanti alla poltrona del babbo, all'altezza dei braccioli. Fu Marco ora a strabuzzare gli occhi, vedendo che si era incartato da solo. Perché l'illusione della sua innocente bugia fosse completa, doveva portare a termine il gioco e, naturalmente, questo implicava "controllare" Giorgia nella sua parte più intima e sacra.

"Ma... tu sei a posto, amore..." provò a giustificarsi Marco, pur sapendo che se Giorgia si metteva in testa qualcosa era difficile farle cambiare idea.

"No! Controllami!", insistette la piccola con aria determinata e la fronte accigliata. Si avvicinò al babbo che aveva ancora i pantaloni abbassati e il cazzo eretto. Marco accettò fingendosi sereno ma, in realtà, dentro, era tutto in subbuglio. Il cazzo gli dava dei sussulti e, se possibile, si rizzava ancora di più. Mentre si avvicinava con le dita alle fichetta della sua bimba di nove anni, pensò alle conseguenze del suo gesto. Se non lo faccio con malizia, non succede nulla, pensò Marco. Così, decise di prendere il toro per le corna. La tirò a sé, portandosela in mezzo alle gambe (i pantaloni li aveva calciati sul pavimento, così era più libero).

"Apri bene le gambine, ora, amore", le disse. La bambina ubbidì e allargò le gambe. Marco si chinò e con due mani le aprì la fichetta, mettendole in mostra le labbrine e il buchetto rosato, minuscolo, da cui spuntava un piccolo clitoride, un bottoncino talmente piccino da sembrare finto.

"È solo un pochino rossa..." disse improvvisandosi ginecologo e pediatra nello stesso tempo. "Non hai nulla da temere."

"Ho la patatina rossa?" disse preoccupata Giorgia.

"Sì, ma è normale, aspetta". Marco non resistette. Le toccò il clitoride appoggiando delicatamente la punta del dito indice al bottoncino e spingendo un poco, verso il centro del piacere della sua amata figlioletta. Giorgia sussultò e sospirò forte, più per lo stupore di sentirsi toccare in quel punto così sensibile e delicato che per il piacere. Marco ritrasse subito il dito.

"Ti ho fatto male?", le chiese.

"No, no" disse subito la bambina. Ma non seppe aggiungere altro, non era ancora in grado di descrivere sensazioni così intense. Marco notò che la fichetta era tutto asciutta -Giorgia era ancora troppo piccola per bagnarsi- così gli venne in mente un'altra idea per aumentare l'illusione di questa finta visita ginecologica.

"So io come farti passare l'arrossamento, amore" disse Marco con un sorrise che, a questo punto, somigliava più a un ghigno satiriaco. Sollevò di peso Giorgia e la posò lentamente sul tavolo della scrivania, spostando il computer portatile e diversi documenti, e la sdraiò di schiena.

"Stai buona e rilassati, tesoro", le disse con voce soave ma decisa. Giorgia non avrebbe cercato di muoversi neanche se avesse voluto. Quella situazione era alquanto strana, nuova e eccitante, ma ne capiva l'importanza, la solennità, quasi. Così, restò immobile.

"Spalanca le gambe più che puoi, amore", ordinò Marco. La bimba aprì le cosce e mise in mostra la sua fichetta rosea, senza peli. Marco si avvicinò con la bocca alla piccola vagina infantile. Sentiva l'odore di sapone alla fragola che aveva usato sotto la doccia. Le spalancò le labbrine con le dita e la guardò il viso. "Ora il babbo ti dà dei bacini per farti passare il rossore, va bene?", disse Marco alla sua piccola che lo guardò e annuì.

Marco affondò il viso fra le cosce della sua piccola. Incominciò a leccarle le labbra esterne e poi infilò la punta della lingua nel buchino, spingendo fin dove arrivava. Nel frattempo, Giorgia cominciava a sospirare. Poi, la lingua di Marco passò a lambire il piccolo clitoride, sferzandolo con la punta, torturandolo di piacere. La piccola Giorgia aveva iniziato a dimenare il sederino, quasi non riuscisse a stare ferma sotto i colpi della lingua dardeggiante del suo babbo.

"Ti senti male, amore?", chiese Marco, anche se sapeva la risposta.

"No, no...", disse Giorgia, con un filino di voce tremolante. Marco tornò a leccarle la fichetta, usando sempre più lingua, appiattendone la superficie, così da coprire una porzione sempre maggiore della sua patatina. Alla fine, dava delle leccate succose, intense, a tutta la fichetta della sua piccola Giorgia, partendo dallo spacchetto in fondo fino al pube, come un cane arrapato. Giorgia aveva iniziato a mugolare suo malgrado. Marco era incontrollabile adesso.

Aveva afferrato le coscette di Giorgia per le caviglie e le allargava a più non posso, quasi fosse un allenatore di ginnastica che insegna alle sue alunne a fare la spaccata. Le stava letteralmente divorando la fichetta, le succhiava il clitoride e poi infilava la lingua nel buchetto, ansimando e godendo come un porco. La bambina ormai era persa nel suo piacere, mugolava, si contorceva, dimenava il bacino e il culetto, in preda alle lappate vigorose del suo babbo che la spalancava e la costringeva a questo piacere forzato e incontenibile.

Marco aveva il cazzo duro come una spranga e sentiva il desiderio di menarselo come mai prima di allora. Staccò la bocca dalla fichetta di sua figlia e la guardò. Ora sì che era rossa, non solo dentro, ma anche intorno. Sulla pelle bianca e candida portava i segni di quell'assedio orale che le avevano lasciato delle strisce color fragola. La vista di quella patatina minuscola e sfinita dal godimento lo mandò fuori di testa. Incominciò a menarsi il cazzo furiosamente e sentì in poco tempo di essere vicinissimo all'orgasmo.

La piccola Giorgia lo guardò, sdraiata com'era sulla scrivania, ma non riusciva a vedere cosa stesse facendo. Notava solo l'espressione di godimento del suo babbo che aveva chiuso gli occhi, smarrito nel suo piacere.

"Cos'hai papà... Stai..." non riuscì a finire la frase che uno schizzo di sborra calda le arrivò sulla pancia. Marco aveva preso a sborrare dappertutto, grugnendo come un maiale, e non riuscendo a contenere gli schizzi che si spargevano ovunque. Un altro schizzo le atterrò in mezzo alle gambe, proprio sul monte di Venere, e la piccola toccò con le dita la viscida sostanza.

"Amore... amore... papà ha..." Marco era esausto e neanche lui terminò la frase. Troppe sensazioni nel suo cervello, senso di colpa, eccitazione sessuale, euforia. Ma quando vide che la piccola Giorgia stava giocherellando con la sua sborra e se la passava con innocenza sul buchino, quasi fosse una pomata lenitiva, sorrise e si tranquillizzò.

Le disse: "Vedi, questa crema ti fa bene alla patatina". Giorgia sorrise e spinse tutta la sborra su per lo spacchetto. In quell'attimo, esclamò "Grazie, papà! Ti voglio bene!". Marco capì che quello sarebbe stato l'inizio di una nuova relazione. Le sue pene erano finite.

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Continua... Suggerimenti sono ben accetti, grazie.

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Anonymous

Bella storia Grazie Future puntate per piacere

Filosofoporco

Arriveranno presto ;)

Anonymous

Soon or very soon?

Pierino

Mi son fatto una gustosa sega nel leggerti...sono pronto per il secondo round...ovviamente all'arrivo della PARTE 2 ...-

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